Regioni di nuovo chiuse? Meglio zone rosse e tamponi: il piano

L’Italia si chiede cosa fare dinanzi a contagi in aumento. Chiudere di nuovo i confini regionali è un’ipotesi? Il Paese sembra più orientato su zone rosse locali e tamponi a tappeto.

Regioni di nuovo chiuse? Meglio zone rosse e tamponi: il piano

L’Italia torna nell’incubo epidemia. Dinanzi all’aumento dei contagi a causa soprattutto dei movimenti per le vacanze, il Governo continua a lanciare appelli alla responsabilità di ognuno.

Ma cosa fare se si verificano picchi improvvisi di positivi? Alcuni governatori hanno già allertato i cittadini: il rischio è la chiusura di tutto, anche dei confini tra i vari territori.

Lo spettro del lockdown, però, fa paura sia all’esecutivo che agli amministratori locali. Fermare nuovamente l’economia e la libertà di movimento delle persone sarebbe un disastro.

Come pianificare, allora, il controllo del coronavirus? Due le direzioni preferite: zone rosse locali e un efficiente programma di tamponi a tappeto.

Regioni a rischio chiusura? L’Italia pensa a zone rosse locali

L’allerta è arrivata, senza troppo stupore dal presidente campano De Luca:

“A fine agosto vedremo se chiedere o no al governo di ripristinare la limitazione della mobilità tra Regioni”

La determinazione e l’intransigenza del governatore sono ormai note. Tuttavia la sua ipotesi di un nuovo e minaccioso lockdown non sembra piacere alle altre Regioni. Zingaretti, nonostante il rischio nel Lazio dovuto ai rientri dalle vacanze, Sardegna in primis, ha escluso la chiusura dei confini regionali.

Anche Musumeci, dalla Sicilia, ha valutato l’opzione come drastica ed estrema, mentre altri governatori come Toti (Liguria), Marsilio (Abruzzo), Fedriga (Friuli Venezia Giulia)

Lo stesso Governo ha finora mostrato di non voler richiudere il Paese. Piuttosto, come suggerisce Il Messaggero, il piano per arginare i contagi potrebbe essere legato a zone rosse locali.

In caso di positivi concentrati e di focolai circoscritti scatta la zona rossa e quindi la chiusura di quartieri o zone. In questa cornice, il tracciamento è ovviamente fondamentale. Il Governo pare orientato in questa direzione, considerando anche che la situazione è ben lontana dall’emergenza che sta riesplodendo in Europa.

Piano di prevenzione: servono 300mila tamponi al giorno

Puntare sulla sorveglianza e sulla prevenzione significa innanzitutto somministrare tamponi.

Per questo, l’esperto Crisanti ha lanciato un appello:

“La sfida è creare un sistema di sorveglianza attiva capillare e omogenea su tutto il territorio, che ci permetta di tornare a lavorare, a votare, ad andare a scuola. Per questo dobbiamo portare la nostra capacità giornaliera di effettuare tamponi dai 70 mila attuali a circa 250-300 mila tamponi al giorno

Il piano, però, funziona se è uguale per tutti a livello nazionale. Il direttore di Microbiologia e Virologia dell’Azienda ospedaliera dell’Università di Padova è convinto che l’autonomia regionale su questo punto sia negativa.

Le sfide per l’Italia sono importanti: apertura delle scuole ed elezioni in primis. Il piano di prevenzione contro il coronavirus, senza chiudere le regioni, funzionerà?

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