14 Marzo 2021 - Aggiornato alle

Salute

Covid, solo il 57% degli italiani vuole vaccinarsi

Un operatore sanitario inietta una dose di vaccino Sars-cov-2 a Mosca (agf)
Lo studio dell'Università di Cremona. Fra gli scettici: il 31% ha scarsa fiducia nella scienza e il 75% degli over60
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PER mesi abbiamo atteso i risultati delle sperimentazioni sui vaccini. In Gran Bretagna e in Russia sono già partite le campagne vaccinali. Molti di noi si erano convinti che, se non tutti, almeno una gran maggioranza di italiani aspettasse con impazienza di poter accedere alla vaccinazione contro il Covid-19. Non è così: solo il 57% vuole sottoporsi alla vaccinazione. Molti sono i perplessi.

Dalle ultime rilevazioni (27 novembre-3 dicembre) di un’indagine dell’EngageMinds HUB, il centro di ricerca dell’Università Cattolica di Cremona che rileva periodicamente i dati sulla relazione tra psicologia, percezione e pandemia su un campione rappresentativo della popolazione nazionale, risulta infatti che il 43% degli italiani è esitante nei confronti del vaccino anticovid (l’esitanza vaccinale è l’atteggiamento di rifiuto, ma anche di indecisione, incertezza, dubbio sulle vaccinazioni), e che il dato è in crescita rispetto alle rilevazioni di maggio. Sono invece diminuiti dalla fine settembre gli italiani certi che non si vaccineranno (oggi sono il 16% rispetto al 20% della precedente rilevazione), e sono rimasti costanti nel tempo gli incerti (27%).

 

Titubanti donne e giovani

I più esitanti nei confronti del vaccino sono le donne e i giovani, mentre i più intenzionati a vaccinarsi sono gli over 60: il 75% in questa fascia d’età contro il 57% del campione totale (l’immunità di gregge si otterrebbe con il 70% di persone immuni al virus).  Dati che un po’ sorprendono: le donne sono in genere quelle che nelle famiglie alimentano buoni comportamenti di salute e prevenzione, in genere. Ma in questo caso sembra il contrario.

“Le donne sono le più informate e quelle che veicolano messaggi sanitari  virtuosi, è così. Ma in questa pandemia i più informati sono anche i più confusi, perché circola tanta informazione che non tutti sono in grado di gestire: non tutti hanno dimestichezza con la normale discussione tra scienziati, né in effetti potrebbero o sono tenuti ad averla”, dice Guendalina Graffigna, psicologa e professore ordinario di Psicologia dei consumi e della salute alla Cattolica di Piacenza, direttore dell’EngageMinds HUB e responsabile del team di ricercatori che ha realizzato lo studio. "Sui giovani - aggiunge la psicologa -  va detto che  hanno una naturale tendenza a sentirsi invulnerabili, e che sono i più scoraggiati in questa pandemia, i più disorientati, e quelli che hanno pagato un prezzo particolarmente alto. Ecco, tutto questo potrebbe impattare sul loro atteggiamento nei confronti del vaccino".

Non emergono differenze a livello di regioni: sembra insomma che la situazione epidemiologica, sebbene per mesi sia stata sensibilmente differente sul territorio nazionale, non influenzi particolarmente la percezione del rischio Covid-19 e di conseguenza la motivazione a sottoporsi al vaccino.

 

I fattori psicologici 

"Sull’esitanza nei confronti della vaccinazione sono invece cruciali fattori soggettivi e psicologici. Andando a fondo con l’analisi – riprende Graffigna -  abbiamo capito per esempio che chi si trova psicologicamente in uno stato di depressione esprime più dubbi verso la possibilità di vaccinarsi (30% rispetto al 27% del campione totale) e che chi riporta sintomi ansiosi è più preoccupato che i nuovi vaccini non siano stati testati adeguatamente per via della velocità della sperimentazione (56% contro 52% del totale)"».

Sentirsi vulnerabile all’infezione, quindi la preoccupazione di ammalarsi di Covid-19 è – secondo gli autori della ricerca  - uno dei principali motivatori della scelta di vaccinarsi (il 68% dei preoccupati si vaccinerebbe contro il 57% del totale). Ed è sempre il senso di vulnerabilità a fare in modo che le persone confidino di più nell’adeguatezza della sperimentazione (57% contro il 52% del totale).

I valori contano

Oltre che i tratti psicologici, anche i valori di base possono influenzare l’orientamento nei confronti del nuovo vaccino anti-Covid-19. "I più ‘individualisti’, cioè le persone più centrate su di sé nell’indagine risultano più esitanti (50% contro il 43% del totale) - riprende l’esperta - Mentre la propensione a vaccinarsi è più accentuata tra gli ‘altruisti’ cioè tra quelli che mettono al primo posto il bene comune nella loro scala valoriale (60% di intenzione a vaccinarsi)".

 

La sfiducia nella scienza

Se i cittadini che a livello nazionale si candidano a sottoporsi alla vaccinazione quando sarà disponibile sono il 57%, questa percentuale scende al 31% tra chi dichiara scarsa fiducia nella scienza, si ferma al 42% tra chi afferma di avere poca fiducia nel sistema sanitario e al 49% tra chi dice di credere poco alle istituzioni. Il 33% del campione pensa che i vaccini siano in generale una ‘manovra di arricchimento delle case farmaceutiche’, il 28% che i dati sui vaccini siano ‘facilmente falsificabili’ e il 23% che il vaccino contro Covid-19 sia ‘una manovra politica del governo’ .

"Lo stato psicologico delle persone, e su un piano più culturale la sfiducia nella scienza, spiegano buona parte dell’alta esitanza vaccinale che riscontriamo – sottolinea Graffigna - Si tratta di indicazioni importanti per il sistema sanitario pubblico e per chi deve prender decisioni politiche, perché anche grazie a queste informazioni si possono calibrare le future campagne di informazione sull’importanza individuale e sociale della vaccinazione. Comprendere le radici psicologiche del comportamento potrebbe aiutare a orientare strategie più efficaci. Chi ha dubbi sul vaccino non dovrebbe essere stigmatizzato o colpevolizzato ma ricevere messaggi adeguati, che motivino a vaccinarsi. Dal punto di vista scientifico e psicologico è dimostrato che obbligare provoca reattanza psicologica, sostanzialmente una reazione di rifiuto”, e davvero non ci serve.